Pagine

domenica 5 agosto 2012

Quarant'anni di atletica

Venerdì sera sono andato a fare una corsa notturna, a Silvano Pietra, piccolo paese pavese. Una gara di 5 km, di modesto livello, senza grandi pretese e del resto io, vista l'attuale condizione fisica, pretese non ne avevo altre che finire senza problemi. Però era una gara particolare per me, perché 40 anni fa praticamente quasi nella stessa data, a Silvano d'Orba, piccolo paese alessandrino, facevo la mia prima corsa. 40 anni di atletica: davo importanza a questo traguardo, e l'ho sentito particolarmente.

Ho iniziato a correre nell'agosto del 1972, quasi per caso. Avevo all'epoca un amico di Voltri, Lorenzo, che vantava la sua attività sportiva, ed aveva grosse ambizioni tra cui partecipare addirittura alle olimpiadi di Montreal del 1976. E in quei giorni c'era un manifesto in paese che parlava di una corsa notturna a Silvano d'Orba in programma il sabato successivo, il 5 di agosto. C'erano già alcuni che avevano seguito questo progetto e ci eravamo organizzati per allenarci alla mattina, la settimana prima dell'evento. Il lunedì ci trovammo in sei sotto la casa di Lorenzo. Non era il massimo all'epoca essere in giro in pantaloncini corti, maglietta da calciatore e scarpe da ginnastica. La gente ti guardava male. Partimmo in direzione del paese vicino, 5 km andare e altrettanti a tornare. Il giorno dopo percorso diverso fino a un altro paese, ma stessa distanza. Intanto il gruppo si era ridotto, due avevano dato forfait ed eravamo rimasti in quattro, determinati a correre quella gara.
Venne la giornata fatidica ma io avevo promesso di andare alla festa di compleanno di una mia amica. Così, con un altro che doveva fare la corsa, andammo e verso le cinque lasciammo la festa per andare a casa a prendere la borsa per la gara. Io non avevo un tuta, me l'aveva prestata un amico, era verde e con il simbolo della scuola ITC Abba di Genova. Gli altri erano già partiti e dovevamo arrangiarci per il viaggio. Da Campo Ligure fino a Rossiglione la facemmo in autostop, trovando quasi subito un passaggio. Quindi prendemmo il treno fino a Ovada e qui, con un attesa un po’ più lunga, nuovo autostop per arrivare a Silvano d'Orba. Arrivammo sul far della sera, e entrammo in paese cercando dove si confermava l'iscrizione. Ci diedero il pettorale e le spille e ci indicarono il cinema dove potevamo cambiarci. Su rudi sedie di legno indossammo i vestiti di gara, per me la divisa biancorossa e pantaloncini blu della squadra di calcio dove giocavo e la tuta verde del mio amico. Fissai il numero e andammo in piazza per aspettare la partenza.
In due facevamo la gara più corta di un solo giro, 1.200 metri. Facemmo una breve corsa di riscaldamento, per vedere la parte iniziale del percorso, poi tornammo in piazza aspettando il via. Erano nel frattempo arrivati i miei e altri parenti di noi che correvamo. La piazza era piena di gente, tra concorrenti e pubblico. Mentre ero lì guardavo il cielo color celeste, ormai avviato al tramonto. Mi chiedevo come sarei andato, se avrei battuto pochi o tanti di quei concorrenti. Non avevo la minima idea di quel che mi aspettava, volevo solo provare una cosa per me nuova. Improvvisamente venne dato il via, e vidi la massa muoversi. Seguii quel fiume di gente cercando di superare chi andava più piano di me. Ma non volevo strafare. Appena fuori dal centro del paese la strada saliva per una rampa. Lì cominciai a sorpassare molti, e man mano che ne passavo, e vedevo quelli davanti in crisi, cercavo di raggiungerli. La salita finì e svoltammo a destra tra le case. Una discesa e poi nuova breve salita, continuavo a superare gente che pagava la partenza troppo veloce. Mi sentivo bene e non avevo problemi. Non conoscevo nessuno e ogni volta che vedevo un avversario cercavo di superarlo. Dopo essere passati davanti a una chiesa svoltammo ancora a destra e cominciò a diradarsi il numero di corridori davanti. Nuova discesa e mi trovai sulla strada che portava alla piazza da cui eravamo partiti. Vedere là in fondo la fine della corsa mi diede nuove energie e voglia di aumentare. Passai due avversari di slancio e quando stavo per imboccare la piazza vidi davanti uno in piena crisi. Lo inquadrai e lo passai senza esitare raggiungendo la riga bianca del traguardo. Non sapevo come ero arrivato, mi tolsero subito il numero e andai a bere qualcosa e a cambiarmi.
Tornai sul luogo di arrivo e scoprii che ero settimo, e quindi tra i premiati. Mi toccarono due bottiglie di vino Dolcetto. L'altro del mio gruppo era arrivato tredicesimo ed era anche lui molto soddisfatto. Partiva la seconda gara su due giri, a cui partecipavano due di noi, Lorenzo arrivò secondo mentre l'altro si ritirò. Verso le dieci ci fu la premiazione e poi, in macchina coi miei, tornai al paese.
In piazza c'erano gli amici che mi aspettavano per sapere come era andata. Mi fecero i complimenti. Ero molto contento del mio settimo posto ma soprattutto delle emozioni di quella corsa, dell'atmosfera, delle sensazioni provate in corsa. Mi era piaciuto tutto. La mia passione cominciò quella notte d'agosto e dura ancora.

Ho fatto l'atleta prima da agonista juniores e seniores per dieci stagioni, praticando il mezzofondo (800 e 1.500 m). Poi a circa trent'anni ho fatto l'amatore, e stavolta facendo anche distanze maggiori, perché la velocità l'avevo un po’ persa. A 40 anni, da master, ho ridotto l'impegno, considerando che "tutto ciò che ancora veniva era sempre di più". E così ho continuato.

Non ho fatto solo l'atleta però, dal 1977 sono dirigente, prima in alcune società poi nel comitato provinciale Fidal. Dal 1982 sono allenatore, soprattutto di mezzofondo. E dal 1988 sono anche giudice. Non mi sono fatto mancare niente.
Ed ho ancora voglia di correre, per quanto con necessari limiti sia di impegno sia di distanze. Sperando la mia voglia possa continuare ancora per un po’.

Matteo Piombo

Nessun commento:

Posta un commento